Si racconta che Enrico IV, re di Francia, stanco dei rimproveri e dalle penitenze che il suo confessore gli infliggeva a causa delle sue scappatelle extraconiugali, avrebbe fatto servire a pranzo al suo confessore per diversi giorni consecutive solo gustosissime pernici. Al confessore le pernici erano molto gradite e all’inizio fu felice, ma con il passare dei giorni il piacere di gustare sempre e solo quella prelibatezza culinaria cominciò a stancarsi. Allora il confessore andò dal re e gli disse: “Maestà, ho mangiato piatti succosissimi, ma sono sempre gli stessi: toujours perdrix (sempre pernici!)”. E allora il re soddisfatto gli rispose: “…Toujours reine! (sempre regina!). Perché non cambiare?”.
Gli italiani, invece, non si stancano di prosciutto cotto, e ogni anno, da diversi anni, ne mangiano oltre quaranta milioni! Il motivo di questo instancabile successo sta nella gastronomia di questo salume che non stanca mai.
Senza sottovalutare le caratteristiche nutrizionali e dietetiche del prosciutto cotto italiano, con le sue diverse qualità, questo salume è un vero e proprio “camaleonte della cucina”, espressione con la quale s’indicano quegli alimenti che sono capaci di subire, e con successo, le più diverse elaborazioni, trasformazioni e accostamenti. Il prosciutto cotto non lo troviamo soltanto come panino associato ai più diversi condimenti nel pasto rapido all’italiana, anche in forme elaborate, o nella tradizionale pizza, ma a pieno titolo è entrato nella cucina tipica italiana e nella gastronomia.
Uno dei vanti della cucina tipica italiana sono le paste. In queste il prosciutto cotto entra sia nei condimenti e sia nei ripieni, associandosi anche ad altri alimenti dalle verdure al pesce, e sposandosi ai più diversi accompagnamenti, tradizionali e innovativi, dolci come la panna o piccanti come il peperoncino. In questi usi si segue l’antica tradizione di usare nei condimenti e nei ripieni quello che è disponibile e ben si presta allo scopo.
Lo stesso avviene per talune carni di sapore tenue, come quelle di tacchino e coniglio, presentate in porchetta, o con le uova trasformate in frittate e omelette dove il prosciutto cotto non sfigura mai come ingrediente. L’intensa evoluzione gastronomica italiana ha trovato nel prosciutto cotto un alimento molto duttile per una lunga serie di preparazioni gastronomiche, come mousse e paté diversamente aromatizzati e con usi differenti, polpettoni, rollate, involtini, sfogliate, fagottini, torte salate e soufflé e non ultimi tramezzini anche elaborati. Uno di questi é il nuovissimo e sofisticato tramezzino tartufato di settantadue ore, nel quale la gastronomia ritrova i valori della tradizione. Ecco perché gli italiani non dicono e non diranno mai “sempre prosciutto cotto”!
(G. Ballarini)
La RICETTA di G. Ballarini
TRAMEZZINO ‘SETTANTADUE ORE’ AL PROSCIUTTO COTTO TARTUFATO
Due fette di pane anche integrale sono spalmate di burro e tra queste si pongono una fetta di prosciutto cotto e sottili porzioni di tartufo. Il tutto é avvolto in una pellicola impermeabile all’aria e messo in frigorifero a due-cinque gradi centigradi, per settantadue ore, durante le quali l’aroma del tartufo migra e s’incorpora nel prosciutto e nel burro. Il tramezzino viene poi rapidamente grigliato perché il pane risulti croccante e il prosciutto cotto con il burro morbido e tiepido, sviluppando al massimo l’aroma del tartufo, in un piacevole contrasto croccante-morbido.
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